Avevo questo articolo nel cassetto e mi sembra sia venuto il momento di utilizzarlo.
I principi di gioco “InBin” Under 15 (Budrio-Argenta) By Zet
Il basket è uno sport di azione-reazione. E’ così grande e importante questa definizione che merita di pensarci un attimo. Fatto? Dai, ditemi che siete tutti d’accordo, anzi scontato. Veramente è una delle tante definizioni che tiriamo in ballo per spiegare dei concetti di gioco. Considerando “azione e reazione” il giocatore è in grado di gestire movimenti che possono “costringere” la difesa a fare quello che vuole l’attacco. Di solito non si gioca così, ma regolandosi principalmente “leggendo la difesa”, che significa “prendere” quello che , la stessa, ti concede.

Qualsiasi azione (con palla, senza la stessa e a rimbalzo) induce il difensore a una reazione come in una partita a scacchi. La differenza di abilità degli attaccanti sta nel conoscere in anticipo questa reazione al punto di provocarla appositamente per battere il difensore più agevolmente. Si può fare istintivamente oppure con consapevolezza. Va da sé che ci sono diversi modi d’interpretare questo sport. Come già detto, non solo “leggere” e agire di conseguenza, ma anche “costringere” la difesa , per risolvere più agevolmente, conoscendo la risposta.. E’ il modo più adatto per agire sotto pressione difensiva. Bisogna però avere una esperienza diretta per asserirlo. Come minimo averci giocato un po’ a questo sport per affermare un simile pensiero. E’ un concetto valido soprattutto per i grandi campioni, lo so , ma si possono educare anche i giovani? Non è facile, ma sicuramente qualcosa si ottiene con la didattica della consapevolezza. Almeno noi ci proviamo con convinzione. Ci crediamo e abbiamo tentato di farlo con gli “Under 15”.

Per riassumere, non solo “leggere la difesa” è il “verbo” da seguire, ma anche “costringerla” a prendere iniziative che l’attacco provoca e conoscendo a priori la risposta tecnica. Si può fare , credetemi. Esperienza e cultura del Coach devono fare da contorno a questo pensiero.

Infatti, non tutti sono in grado di provare questa percezione perché bisogna avere la consapevolezza dell’azione d’attacco e successiva reazione difensiva. Tutto sotto controllo. Cosa succede, ovvero che reazione esprime la difesa quando viene attaccata in un certo modo? La risposta è dentro al “come, quando e perché”. Va compreso tutto “al volo” e in anticipo. Tutto è previsto quando si utilizzano i movimenti “killer”e la gestione è assicurata solo se consapevole. A questo punto un bel filmato farebbe scoprire l’arcano, ma non è possibile. Bisogna immaginare, si può.

Va da sé che la consapevolezza della “azione-reazione” è una meta importante per avere tutto sotto controllo e imparare a “gestire” il difensore. Come detto, trasmettere questo concetto è molto arduo. Con gli “Under15” abbiamo impiegato anni cercando di far comprendere il concetto. Il percorso non è immediato. Quando è giunto il momento per farlo, con una giusta comunicazione, ci siamo lanciati nell’avventura per far si che tutto sia recepito. Va da sé , lo sottolineiamo, che occorre apprendere il gioco “leggendo la difesa”. Ha un aspetto prioritario, ma arriva il momento che la gestione della “reazione” difensiva diventa accessibile per chi sa “leggere”.

Non è una novità il fatto che quasi tutti i giovani siano poco cognitivi. Spesso i ragazzi giocano a memoria senza leggere la difesa. Figuriamoci il resto, siamo su un altro mondo. Per loro, avere dei progetti individuali per batterla in un certo modo è fantascienza. L’allenatore e la sua didattica diventano così importanti, molto importanti, tanto da tenere sempre le “antenne” in allerta per stabilire quando è il momento giusto per la gestione “azione-reazione”.

I giocatori devono crescere con la consapevolezza di quello che fanno, sapere perché agiscono in un certo modo. Con gli “Under15” abbiamo fatto un tentativo. E’ chiaro che sto parlando dei progetti che l’allenatore cerca di inserire tra i meandri dei loro pensieri, tutti sbilanciati a copiare le stelle della NBA. Non è sbagliato, anzi. L’individualità è pregevole, ma bisogna tirala fuori al momento giusto con un progetto preciso, slegato dall’egoismo. Questo è il problema. Il basket è uno sport di abitudini giuste espresse nel momento migliore, leggendo la difesa. E’ il primo passo, ma non bisogna lasciarlo solo, aggiungiamone altri appena è possibile. Crescere significa soprattutto imparare a giocare sotto pressione difensiva e i movimenti “killer” diventano importanti per gestire “azione&reazione”. Si tratta di costringere la difesa a fare quello che vuole l’attacco. Non è poco, non è come “volare basso”, lo so.

Va da sé che bisogna avere una conoscenza speciale per quello che riguarda la reazione difensiva. Ripetiamo ancora, azione e reazione, tutto sotto controllo. Considerarla senza subirla, vederla e opporsi a sua volta. Senza esempi non è facile immaginare, ma volendo si può.
Per non parlare sempre di situazioni teoriche, consideriamo ora un caso semplice, per intenderci almeno un po’. Se l’azione d’attacco è una finta di tiro per far avvicinare il difensore, la reazione può essere positiva, ma anche negativa nel senso che il difensore si avvicina solo per scelta, secondo le sue valutazioni e abitudini. Perché sbilanciarsi ad ostacolare un tiro se l’attaccante non fa mai canestro? Non è l’attaccante che è libero, ma il difensore che lo ha lasciato tale, volontariamente, secondo il suo progetto. E allora? Bisogna tirare e fare canestro. Punto. Non ci sono dubbi, lo si fa per “costringere” la difesa a fare quello che vuole imporre l’attaccante. Ci riuscirà, ma solo in seguito, intanto bisogna essere credibili. Dopo due canestri consecutivi, alla finta successiva, si sbilancerà, ma solo un po’. Attenzione, solo un po’. Sbilanciarsi completamente non è mai consigliabile. Siamo a livello di “mossa e contromossa”, leggendo la difesa, ma anche costringendola a sbilanciarsi. Parliamo di giocatori che hanno esperienza, sia nell’attaccare che difendere perché hanno tutto sotto controllo. Non è il caso degli “Under 15”, apprendisti per caso.

Le azioni fatte coi movimenti “killer”, quelle che vogliamo sottolineare, non danno la possibilità di scelta, si subiscono e basta. Il difensore è costretto a fare quello che vuole l’attaccante, che deve però essere però credibile. Il difensore subisce, almeno la prima volta.
E’ una dimensione nettamente diversa dal gioco fatto “leggendo la difesa”. Siete d’accordo?
Solo se mi sono spiegato bene, naturalmente. Si cerca di fare reagire il difensore secondo il proprio progetto d’attacco, ecco il punto. Intanto provate ad immaginarlo, si può ma solo se avete giocato. Altrimenti, scegliete un campione e andate a vedere i suoi movimenti “killer”. Ora c’è “youtube”, basta digitare il nome. E’ sempre stata la mia passione , un tempo quando non c’erano nemmeno le cassette (video-tape). Spesso, nella cultura cestistica, si attribuisce il movimento particolare al giocatore che l’ha inventato. E tutti l’hanno subito, almeno la prima volta. L’attaccante che gestisce questo tipo di azioni riesce a disimpegnarsi anche sotto un’intensa pressione difensiva perché è consapevole ed ha esperienza di quello che sta succedendo. Semplicemente controllando le reazioni difensive. Va da sé che non subisce l’azione della difesa perchè s’impone subito con la propria filosofia di gioco. Ha il vantaggio del possesso di palla e lo sfrutta. Può farlo.

Noi li chiamiamo movimenti “Killer” perché (tendenzialmente) uccidono la difesa, che può cadere nella trappola dell’azione-reazione. Il motivo? Semplice. Spesso il difensore risponde tecnicamente in modo abitudinario, senza consapevolezza. Oppure esegue quella risposta che intuisce, magari pensando di mettere difficoltà all’attaccante. E si accorge, troppo tardi ,che non doveva farlo. Mi ricordo che un grande allenatore del passato (Vittorio Tracuzzi) li chiamava “movimenti esca”. Usando questo termine coi ragazzi odierni ci sarebbe una comunicazione poco efficace, soprattutto se non vanno a pescare. Preferiamo il termine “killer” legato, in un certo senso, al verbo “imporre”.

Un esempio? Che fare contro una penetrazione fatta con decisione, in palleggio , dentro l’area?
A parità di capacità fisiche , si possono fare solo azioni difensive disperate, come prendere lo sfondamento oppure “riempire” l’area con l’intera squadra. Ecco il punto. La difesa agisce in modo disperato mentre l’attacco è sotto controllo, per realizzare il suo progetto.
Penetra l’area in palleggio, appositamente, perché ha un progetto e lo realizza perché sa come risponderanno i difensori. Conosce la reazione della difesa e si basa su questo dato ,che non è poco, per colpire successivamente. Come? Diversi modi che vanno dal “back-door” al “finto attacco”.
La pallacanestro è un gioco di azione e reazione ed è un bene sottolinearlo in modo esagerato.
Le azioni “killer” controllano la reazione.

Un altro esempio. Ecco una diversa azione “killer”, questa volta contro la zona. Va da sé che il termine è un po’ “spinto” per avere una migliore forza di penetrazione nei cervelli dei nostri giovani giocatori. Potremmo dire, movimento “esca” , se preferite. La comunicazione deve sempre essere efficace. A voi la scelta.

Attacchiamo di lato, ma mai per finire l’azione. Semplicemente costruiamo un “finto-attacco” di squadra per spostare l’attenzione di tutta la difesa che si muove verso la palla, mentre la nostra mira è attaccare sul lato debole, ovvero l’altro lato. Scontato. “Costringiamo” così la difesa a fare quello che conosciamo e che vogliamo. Intanto, vogliamo che non giochino tatticamente con i due “cacciatori” aiutati dal rimbalzista. Secondo la terminologia corrente, trattasi del famoso “elastico”. Sono “costretti” a disporsi in quel modo (Diag.1) con palla in angolo, nelle mani di (2). Ecco il termine che contraddistingue l’azione “killer”, il verbo che sottolinea la sua efficacia, cioè “costringere”. Il movimento di “aiuta&recupera” (elastico), fatto dal “rimbalzista” per aiutare il “cacciatore”, da molto fastidio, soprattutto ai giovani. Per andare sul lato “debole”, possiamo sfruttare la situazione creata appositamente in diversi modi, secondo la cultura del Coach. La nostra, vuole l’inversione fatta col blocco di (5) e il taglio “semaforo” di (4) che “costringe” l’ultimo difensore a lasciare libero (3) che “rimpiazza”.

Ci siamo cosi sistemati nei “buchi”, ma dopo avere costretto la difesa a fare quello che l’attacco desiderava. E’ un’idea di azione “killer” di squadra.

Ancora un esempio? Il tiro-rimbalzo, la base della pallacanestro giocata in attacco, è l’azione “killer” più devastante che conosciamo. Sia contro la “uomo” che la “zona”. Non c’è bisogno di nessuna finta, basta la volontà di andare a rimbalzo dopo il tiro.

Il motivo principale della riuscita delle azioni “killer”? Hanno successo quasi sempre perché si sa a priori come reagisce la difesa, per abitudine pregressa. Nessuno, o pochi, per esempio, eseguono il “tagliafuori”. Lo sappiamo a priori: tiro dell’attacco e reazione difensiva uguale a zero. Magari qualcuno lo farà, ma vale sempre la pena tentare il rimbalzo d’attacco. Certamente esiste il modo di contrapporsi ai “movimenti killer”. E’ proprio la caratteristica dei grandi campioni, quelli che non si fanno battere due volte allo stesso modo. E capiscono autonomamente cosa sta succedendo. Va da sé che, comunque, l’allenatore può aiutare molto. Abbiamo un piccolo elenco dei movimenti “killer”, che usiamo con i nostri “Under15”. Dobbiamo dire che li eseguono , ma non sono veramente consapevoli della loro forza. Speriamo in futuro.

La strada della consapevolezza è lunga e dipende soprattutto dal talento personale. Ma anche dalla nostra capacità allenante per trasmettere i concetti. Intanto bisogna dire che hanno fatto maggior attenzione da quando spieghiamo il basket usando il termine “killer”. E’ l’effetto della comunicazione figurata. Sanno che significa “uccidere” la difesa e sono egoisticamente più interessati. Poi, qualcuno pian piano comincia a comprendere. Sono più attratti ad imitare le “star”, lo sappiamo. Spesso con movimenti senza senso perché utilizzati male, in situazioni errate. Un esempio? Il cambio di mano in mezzo alle gambe, quando sono pressati dalla difesa. Cambio di mano, ma rimanendo fermi. A che serve? Solo per far vedere che lo sanno fare. E non per battere l’avversario, abbinandolo ad un cambio di velocità. Oppure, il cambio di mano dietro la schiena, preceduta dall’arresto. Narcisismo, insieme a grande acefalia se non serve ber battere l’avversario. Se l’ignoranza avesse le ali , sarebbero già in paradiso, ma solo perché il Coach li perdona. L’inferno , mai. Bisogna avere sempre pazienza e far comprendere, semplicemente , il perché dei loro movimenti , per migliorare la consapevolezza. In altre parole usare la didattica “metacognitiva”.

Ovviamente il tutto proviene dal saggio Zet