Ieri su La Repubblica è uscito un bell’articolo di Walter Fuochi dedicato al giocatore più rappresentativo che Budrio basket abbia mai avuto: Ettore Zuccherialfiere per un decennio della Virtus Bologna.

Dopo i successi come giocatore, si aprì per lui una lunga e brillante stagione come allenatore della Virtus. Una piccola delegazione di due squadre che tirò su negli anni ’70 domenica lo incontreranno a Budrio, per festeggiarlo e consegnargli una targa.

Ricordiamo che Ettore Zuccheri è presente nella Hall of Fame di Pallacanestro Budrio.

Di seguito, grazie alla rivista web “Sotto Quirico”, potete leggere l’articolo di Walter Fuochi da La Repubblica.

Quei vecchi ragazzi di Zuccheri l’uomo che sussurrava ai giganti

I bianconeri degli anni ‘70 si ritrovano per l’omaggio a un allenatore davvero speciale
Ragazzi diventati uomini, qualcuno anche campione, festeggeranno al loro modo antico di squadra di sport l’allenatore che sulle strade del gioco e della vita li guidò, evidentemente così bene da farsene ricordare anche a distanza di mezzo secolo. Ettore Zuccheri compirà a giugno 79 anni, molti dei quali dedicati al basket, mai lasciando la natia Budrio, né il posto da insegnante che lo distolse dal salto nel professionismo, né la famiglia di cui è ora la figlia Laura, disegnatrice di Tex, l’esponente più illustre.
Giocando a pallacanestro, era arrivato alla Virtus e alla Nazionale. Spaccandosi un ginocchio, come allora avveniva in modo spesso irreparabile, passò alla guida del gregge. Allenò ragazzi, portò in A il Gira, fece il vice di Peterson e Driscoll alla Sinudyne, poi ebbe per sè, da capo, quella dell’80-81. Si dimise a metà stagione e la chiuse lì, tornando ai ragazzi. Tirarono avanti prima Ranuzzi poi Nikolic, senza rivedere la luce: azzoppata dagli infortuni, fu la Virtus che cadde in due finali, per lo scudetto a Cantù, per la Coppa Campioni nella maledetta Strasburgo.
Quelli che Zuccheri tirò su negli anni ‘70, florida leva, l’hanno rivoluto con sè per un weekend da reunion: dopo un sabato con aperitivo e cena per trenta ospiti, a Bazzano, tavolata troppo folta per un anziano signore fragile, andranno in ristretta delegazione di domenica a Budrio, per una targa, tanti ricordi e inevitabili parole di basket. L’idea è di due gruppi: la classe ‘ 53- 54 che vinse uno scudettino juniores ( i più noti: Benelli, Beretta, Antonelli, Martini, Sacco, tra chi ci sarà e chi no) e quella ‘56-57 che arrivò seconda tra i Cadetti (Bonamico, Valenti, Sanguettoli, Cesini, Pedrotti, Rapini, Malaguti). Tanti arrivati in serie A, alcuni allo scudetto vero o all’azzurro, tutti usciti da quell’elite che l’avvocato Porelli allevava nella foresteria a tiro del PalaDozza, governata dalla moglie Paola. Cresciuti giocando, studiando, lavorando, divertendosi, quei diciottenni in viaggio per la vita sono ora i vecchi ragazzi oltre i 60, qualcuno sull’uscio dei 70, convocati per riabbracciare l’allenatore che doveva trarne giocatori di serie A e con l’educatore che condiva il lavoro col resto che glieli farà riavere intorno. “Maestro, io? Ma no, solo un praticone da campo”.
Racconta Marco Sanguettoli, figlio di coach e a sua volta coach (di Belinelli, a tutt’oggi, per il lavoro estivo): « Ettore era anzitutto un grande appassionato di basket, con un talento vero per insegnarlo. Spiegava e capivi. Era avanti anni in tanti concetti: la tecnica, i fondamentali, l’aggressività difensiva. Stava in campo ore a fare e rifare, tutti i gesti del gioco, i movimenti, anche i trucchi». Dalle memorie affiorano volti famosi. « Meo Sacchetti gli deve il salto in carriera. Al Gira giocava da 4 e mezzo, Zuccheri ne fece la guardia azzurra dell’oro di Nantes ‘ 83 e dell’argento di Mosca ‘ 80» . Ricorda Mario Martini: « Alla 1- 3- 1 su cui Peterson costruì la leggenda di Milano cominciarono a lavorare qui, con noi nella palestra Virtus, su spunti di Ettore». Che diceva di se stesso di sentirsi indegno debitore di Cosic. «Il più forte che abbia mai visto. Un pivot che pensava da playmaker» . Qui Budrio, per riparlarne insieme.